Guarda dove mangi / Yoji Tokuyoshi

Yoji Tokuyoshi nasce a Tottori, in Giappone. Dopo aver intrapreso la strada della cucina si trasferisce in Italia, dove lavora 9 anni all’Osteria Francescana di Modena, come sous-chef di Massimo Bottura. Nel febbraio 2015 apre il suo ristorante Tokuyoshi a Milano che riceve la prima stella Michelin ad appena 10 mesi dall’apertura. La sua cucina usa ingredienti italiani per ricreare tecniche, tradizioni e suggestioni giapponesi. Nel febbraio 2019 apre il ristorante Alter Ego a Tokyo.



La forma, per Yoji, è un concetto fondamentale. Il contenitore ha lo stesso peso del contenuto, l’esperienza estetica lo stesso valore di quella gastronomica. La sua cucina è molto influenzata dall’arte giapponese della ceramica, a sua volta strettamente legata a quella del disegno. Su piatti, vasi e stoviglie si disegna di tutto – fiori, animali, persone – rispettando simbologie o comunque schemi concettuali ben precisi. Tra i suoi piatti più famosi c’è lo Sgombro Gyotaku, che si ispira all’omonima tecnica artistica giapponese, originariamente usata dai pescatori per riprodurre le loro catture usando inchiostro e carta di riso: sul piatto è disegnato metà pesce, l’altra metà è pesce ‘vero’.

Nel trovare l’idea per un tuo nuovo piatto, quanto è importante la scelta del contenitore? Nasce prima il contenuto o il contenitore?

Sicuramente al ristorante capita spesso che nasca prima il contenuto del contenitore. Noi lavoriamo con gli artigiani di Punto Soave e a volte ci facciamo ispirare dal disegno su un piatto: una faraona, una pecora, un’anatra… il disegno fa nascere la ricetta. Come il mio petto d’anatra cotto sul carbone col shichimi, fondo croccante di lumache, civet percolato e infuso di frutti rossi. Sai cosa ha fatto nascere l’idea? Il disegno dell’anatra!

A tuo parere, il cliente è influenzato e come da un piatto rispetto all’esperienza gastronomica complessiva? Ne può cambiare la percezione? Come e perché?

Per me il contenuto “gastronomico” di un piatto ha lo stesso valore del contenuto “estetico”.

Vedere e gustare hanno lo stesso peso, un ospite seduto al tavolo non può prescindere da quello che vede. O almeno, lo può fare in determinati contesti: in una trattoria è ok un piatto rotto, perché loro puntano a fare un’altra cosa, a raggiungere un altro obbiettivo, rispetto a noi.

Cibo e ceramica sono uniti da sempre: quale aspetto della ceramica per la tavola ti affascina di più?

Quanti anni sono passati da quando la ceramica è entrata nella storia dell’uomo? Migliaia. Pensiamo a dove veniva fatto inizialmente il vino! Ormai è facile trovare ceramica di qualità o usare una ceramica costosissima, da migliaia di euro. Allo stesso tempo, però, ci vuole poco a toglierle il significato e a renderla banale. La ceramica deve sempre esprimere qualcosa: nel mio caso la nostra cucina. Anzi, l’unicità della nostra cucina. Quello che si mangia è altrettanto importante di dove lo si mangia.