Design for food: vaso da fermentazione

“Design for food: il vaso da fermentazione” unisce tre eccellenze faentine in un innovativo progetto ceramico.

ITS Emiliani, Istituto Tecnico Superiore per lo sviluppo, la sostenibilità e il design del prodotto ceramico, Postrivoro, organizzatore di eventi per “gastropellegrini” e Eurocompany, produttrice di frutta secca coinvolta attraverso la rivista aziendale Ossigeno, sono i promotori di un progetto pensato per gli studenti.

Le tre realtà si sono infatti unite per il virtuoso programma didattico che ogni anno, dal 2015, unisce studenti dell’ITS ad aziende e realtà professionali nell’affrontare un tema produttivo, che nel 2017 è stato all’insegna del design per la cucina.

ITS offre allo studente l’occasione di sperimentare situazioni lavorative partendo dall’ambito didattico, rapportandosi con veri e propri committenti.

I componenti di Postrivoro hanno lanciato la sfida di uno studio legato ai vasi da fermentazione, nello specifico per un uso domestico, comunemente reperibili in vetro nei negozi di casalinghi.

Quella della fermentazione è una tecnica alimentare antichissima, che oggi sta attraversando una grande riscoperta da parte del mondo del food (segnaliamo l’evento Onggi tenuto durante Argillà).

Il briefing è partito dal docente e dai membri di Postrivoro che, dalla loro esperienza con gli chef contemporanei, hanno aggiornato gli studenti sulle tendenze della fermentazione nella preparazione dei cibi.

Una giuria composta da Postrivoro e ITS ha decretato fra i diversi progetti emersi i 3 migliori, realizzati da Patrizia Malizia, Enea Mazzotti e Nadia Mzihri, selezionati per la prototipazione in ceramica.

Il tema progettuale è stato inserito nei corsi di Metodologia della progettazione, tenuto dal docente e designer Victor Zanotti, e di Metodologia della comunicazione con la docente Laura Zavalloni,  mentre la creazione dei prototipi è avvenuta nel laboratorio scolastico e presso le aziende partner del corso.

Oltre alla realizzazione dei tre prototipi ceramici era previsto anche un momento di restituzione e racconto dell’intero processo con l’esposizione di tavole grafiche e in 3d, formulazioni e prove di smalti e impasti, manufatti e moduli industriali fino al packaging, che ha toccato tre tappe.

Dalla prima al Mic, il Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza, a Kilowatt a Bologna, durante un laboratorio curato da Valeria Margherita Mosca, chef specializzata in fermentazioni e foraging estremo, fino all’ultima al Wood*ing Bar Milano all’evento di presentazione della rivista Ossigeno #2.
I prototipi sono stati anche soggetto di uno shooting del fotografo Mustafa Sabbagh per Ossigeno #3, la rivista aziendale di Eurocompany, in un pezzo dedicato al kombucha.

Le tecniche impiegate dagli studenti compongono un’istantanea che definisce chiaramente il livello di innovazione dell’industria e del design ceramico contemporaneo, prevedendo anche l’impiego di processi produttivi digitali di stampa e prototipazione 3d.

I progetti nascono però da idee e intuizioni poetiche e suggestive, che uniscono la sfida tecnica all’invenzione creativa.

Tripo è il progetto di Enea Mazzotti, ispirato al design italiano degli anni ’50, si presenta come un oggetto dalla forma insolita, con piccoli piedi sormontati da un corpo arrotondato, quasi un robot primordiale. Il suo carattere giocoso lo avvicina al mondo dell’infanzia e il richiamo a figure iconiche del design nostrano lo rendono un prodotto carico di ricordi. È di forma cilindrica, realizzata in grès per colaggio.

OnggiLee, progettato da Patrizia Malizia, nasce da un interesse per la macrobiotica e da un’ispirazione orientale per le forme dei due fermentatori: una maschile, il cielo; l’altra femminile, la terra. La loro creazione nasce dalla scoperta delle opere dell’artista coreano Lee Kang-hyo. OnggiLee è realizzato in grès e cotto in monocottura ad alta temperatura. La sua forma è apparentemente classica ma, mentre piede e collo sono rotondi, il corpo si presenta ovale. Il rivestimento è realizzato con semplici terre colorate che diventano un rivestimento vetrificato se cotte a 1200°C. Vengono applicate direttamente a mano a durezza cuoio, come usa fare l’artista coreano.

Nadia Mzihri ha ideato Kepler, ispirato dall’ipotetica forma dell’universo, dove i prodotti del nostro pianeta sono gli stessi che la tecnica della fermentazione vuole valorizzare. La forma globulare nasce come emblema di una tradizione mondiale, riassumendo le forme tipiche dei vasi dei differenti paesi in cui questa tecnica è utilizzata quotidianamente. Realizzato in grès, per garantire robustezza e salubrità, senza rinunciare all’estetica e alla matericità superficiale.