MIC Museo Internazionale delle Ceramiche in FAENZA

State per intraprendere un viaggio speciale all’interno del più grande museo di ceramica al mondo, il Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza. Un percorso storico in 12 tappe, per scoprire il legame tra cibo e ceramica attraverso piccoli e grandi momenti conviviali della vita sociale e familiare. Dalle ceramiche del simposio dell’antica Grecia all’interpretazione degli artisti contemporanei.

1. KYLIX ad OCCHIONI
sala 3
Grecia Classica, Atene
VI secolo a.C.

Argilla camoscio-rosata. Vernice nera lucente. Sovradipintura bianca e paonazza. Nel medaglione all’interno della vasca c’è un Satiro in corsa; tra i due occhioni, “Dionysos” barbato e ammantato, regge un boccale; ai due lati sono due efebi nudi a cavallo, sotto le anse due lepri in corsa e nel campo tralci di vite con grappoli.
Il corredo ceramico del simposio è creato appositamente per il consumo di vino: il portentoso dono del dio Dioniso.
Il simposio è un momento sociale importante della Grecia Classica e il vino è la bevanda fondamentale per animare la convivialità, favorire il dialogo e accendere idee e ragionamenti. Le immagini decorative di brocche e coppe hanno un ruolo attivo: sono veicolo di messaggi e interagiscono con la realtà e l’immaginario dei partecipanti.
La decorazione “a occhioni” svela l’aspetto più rituale (e scaramantico) del simposio: portando la kýlix alle labbra, le dimensioni della coppa nascondono la vista del simposiasta che per qualche momento è esposto agli eventuali attacchi di chi lo circonda: gli occhi “fittizi” dipinti sull’esterno della coppa, hanno la funzione di controllare chi sta davanti, creando una specie di maschera che scongiura i pericoli di un tradimento.

2. OINOCHOE
sala 3

Grecia Classica, Atene
V secolo a.C.

Brocca in terracotta a forma slanciata con corpo ovoidale, ampia bocca trilobata e svettante ansa a nastro. Decorazione “a figure rosse”, sulla zona frontale, con scena di inseguimento: un giovane, con mantello allacciato sulla spalla destra e copricapo sospeso al collo, impugna con la mano sinistra due lance, mentre sta per afferrare una fanciulla; una seconda figura femminile, tunica e mantello, è rappresentata mentre fugge guardando la scena. Argilla rossa con vernice nera lucente.
I giovani coppieri allungavano il vino con l’acqua in vasi capienti solitamente all’esterno dei locali del simposio, poi li travasavano nelle Oinochoe per eliminare i sedimenti e servire un vino limpido nelle coppe. Il termine “oinochoe”, in greco antico significa “versare vino”, e descrive una elegante brocca utilizzata esclusivamente per la distribuzione del vino. Più la decorazione era raffinata e complessa, più la brocca era pregiata.

3. BOTTIGLIA RITRATTO
sala 2

Mesoamerica, Perù, costa settentrionale
Secoli VI/ VIII

Bottiglia-ritratto in terracotta ingobbiata e dipinta, modellata a forma di testa umana molto realistica, con il volto tipico dell’iconografia Moche ad occhi ellittici sporgenti, naso prominente aquilino, faccia larga, grandi orecchie deformate dai grossi pendenti appesi ai lobi perforati, pittura facciale centrale tra fronte e mento. Decorazione nei colori rosso e bianco su di un ingobbio di colore arancio.
Nell’area peruviana costiera, nel periodo tra il II e l’VIII secolo si sviluppa la cultura Moche. Essa si caratterizza per una gradevole produzione fittile con bottiglie a foggia scultorea, recipienti e vasi-ritratto, omaggio a narrazioni di eventi quotidiani, scene di caccia o guerra, scene erotiche o rituali, personaggi importanti della società. Nello specifico questa bottiglia-ritratto raffigura un dignitario.

4. BOTTIGLIA
sala 1
Oriente, Cina
XVI secolo
Produzione fornace di Jingdezhen

Bottiglia piriforme esagonale con decoro “a fenici”, in porcellana dipinta in blu cobalto, rivestita con copertura rame. La decorazione è distribuita su cinque registri: il primo, nel piede, è costituito da un fregio “a onde”, sormontato da una sottile linea a parentesi graffe. La transizione piede/pancia è segnata da una fascia di pannelli a forma di “petali di loto”. Il terzo registro è suddiviso in sei porzioni: in ogni pannello è dipinta una maestosa fenice in volo. La transizione pancia/collo è sottolineata da una catena di elementi a “teste di ruyi”, mentre l’ultimo registro, nel collo, è costituito da un motivo a “foglie di banano” stilizzate. Questa bottiglia di manifattura cinese è un tipico esempio di contaminazione di codici linguistici tra territori e civiltà differenti. Essa presenta infatti il classico decoro in bianco e blu tipico delle fornaci di Jingdezhen, dove si narra nacque la porcellana, unito a una montatura in rame diffusa in Medio Oriente dal XVI secolo. L’utilizzo poteva essere per bevande come l’acqua o il più rinomato karkadè.

5. SALIERA
sala 7

Emilia-Romagna
Rinascimento e modernità, XVI secolo
Produzione Bottega Bettisi, Faenza

Saliera in maiolica a base triangolare composta da tre delfini sorreggenti tre conchiglie, intercalate da mascheroni; alla sommità, vaschetta portasale a calotta emisferica con cornice dentellata. Sotto un piede, sigla della bottega Bettisi in blu.  I “bianchi di Faenza” caratterizzarono la creazione faentina dalla metà del XVI secolo e si diffusero poi in tutta la nazione. Furono una vera rivoluzione in termini di comunicazione, produzione, innovazione, estetica, tanto che da quella tipologia in tutta Europa si diffuse il termine “faience” per definire la maiolica. 
Il sale era elemento prezioso, non solo da usare come moneta di scambio ma anche per il cibo. Lo si usava per conservare e insaporire ma anche come status symbol e immancabile occasione di snobismo: le saliere erano veri e propri oggetti di arredo della tavola barocca e nelle tavole più sontuose apparvero numerose nuove forme, mutuate dai metalli e ricche di affascinanti plastiche, con delfini, leoni, grifoni.

6. RINFRESCATOIO
sala 7

Emilia-Romagna
Rinascimento e modernità, secoli XVI/ XVII
Produzione di Faenza

Rinfrescatoio in maiolica, con smalto bianco, lucido, a cassetta quadrangolare con pareti mosse da baccellature e prese laterali a testa ferina, poggiante su quattro piedi a foggia di zampa leonina; in corrispondenza degli spigoli, quattro arpie; su due lati contrapposti, scudo accartocciato in rilievo.
Ai bianchi di Faenza appartiene anche questo rinfrescatoio barocco. All’epoca era difficile mantenere cibi e bevande fresche al di fuori delle caratteristiche ghiacciaie. Questi rinfrescatoi venivano adottati nelle tavole nobiliari con al centro inserito del ghiaccio e ai quattro lati i bicchieri in vetro ricchi di bevande da servire in tavola oppure, per comodità, le stesse bottiglie.
Per intenderci, il rinfrescatoio è l’antenato del nostro cestello per il ghiaccio. All’epoca era l’oggetto di punta da sfoggiare tra i beni dell’agiatezza nelle tavole più eleganti.

7. SERVIZIO DA PUERPERA
sala 10

Emilia-Romagna
Rinascimento e modernità, 
XVIII secolo
Produzione Fabbrica Ferniani, Faenza

Parti di un servizio “da impagliata” in maiolica, composto da sette pezzi, mancante del coperchio. Decorazione del tipo “a rovine”, composta da una fontana, una colonna spezzata su un basamento a blocchi di pietra, un’urna e vegetazione ruderale. Sulle tese sono dipinti quattro mazzetti fioriti alternati a quattro foglioline, mentre lungo il bordo si dispone un motivo “a broderie”. Dipinto in blu, bruno violaceo, giallo, porpora, verde e oro.
Il servizio da puerpera o “impagliata” veniva utilizzato da nobili donne dopo il parto. All’epoca le donne dovevano rimanere a letto circa un mese dopo il parto. Questo servizio, databile 1780 circa, è composto da diverse stoviglie per la mensa e forniva alla puerpera tutto il necessario per un sontuoso pasto ricostituente: una coppa per il brodo o la zuppa, il piatto per verdure o carne, il portauova per l’immancabile ovetto simbolo di vita e nascita, e lo spazio per i condimenti come il prezioso sale.

8. TAZZINA DA CAFFE’ (chicchera) e piattino
sala 10

Abruzzo
Rinascimento e modernità, 
XVIII secolo
Produzione di Castelli

L’intera superficie della tazzina è decorata con paesaggio campestre con edifici, alberi e figurette. Il piattino con incavo per tazzina da caffè (detta “trembleuse”) riporta un paesaggio con edifici prospicienti una distesa acquea, con rovine, figurette e alberi in primo piano. Realizzate in maiolica, sono dipinte in arancio, azzurro, verde e bruno.
Con l’introduzione dei nuovi cibi e bevande provenienti dalle Americhe, i ceramisti si abituarono a creare nuove forme per le esotiche vivande. Il caffè, come la cioccolata, furono due prodotti che si diffusero soprattutto in Spagna, Italia e Francia dalla metà del XVII secolo. In quegli anni, a Venezia il caffè viene notato per la prima volta tra i banchi delle spezie come una pianta esotica venduta a un prezzo carissimo. Ma in poco tempo diventerà la bevanda della borghesia attiva perché stimola l’intelletto e la voglia di fare.
La tazzina fu concepita senza manico e inserita in un piatto dall’incavo profondo: questo per consentire al fruitore di passeggiare agevolmente nel giardino gustando la propria bevanda calda senza pericolo di rovesciare il prezioso contenuto.

9. SERVIZIO DI PORCELLANA PER CIOCCOLATA
sala 13

Germania
Rinascimento e modernità, 
XVIII secolo
Produzione MEISSEN

Il servizio in maiolica, composto da vassoio, cioccolatiera, lattiera, zuccheriera, tazza e piattino, riporta una decorazione disposta su quattro scomparti: due recano scene di personaggi, le cosiddette scenette galanti, radunati in un paesaggio con case ed alberi, dipinte in policromia su fondo bianco; negli altri due scomparti, squame viola scuro su fondo viola chiaro, con croci in oro. Fasce in oro e nel centro medaglione con fiori policromi.
Durante il 1700 l’importazione di merci esotiche stimolò la nascita di nuove mode presso la nobiltà e l’alta borghesia europee. La cioccolata fu importata in Europa già nel 1500 e conobbe la sua massima diffusione nel ‘700, soppiantando il caffè e il più popolare the.
Una delle caratteristiche tecniche del versatore principale è la perpendicolarità del manico che evita che la bevanda si diffonda sul corpo principale nell’atto del versare. Inoltre le tazzine sono dotate di coperchio per mantenere calda la cioccolata. 

10. BOCCALE DA BIRRA CON COPERCHIO
sala 13 

Germania
Rinascimento e modernità , 
XVII secolo
Produzione di Westerwald

Piriforme in grès, ansata, con coperchio di peltro. Stemma entro formella ottagonale affiancata da due rami di fiori stilizzati in rilievo su fondo turchino.
I boccali da birra in grès salato furono tipici della produzione belga e tedesca fin dal XIV secolo. Le superfici si distinguono con decorazioni più o meno sofisticate a seconda del lignaggio del proprietario. Dalla fine del XIV secolo, in un’Europa flagellata dalla peste, si diffuse in Germania un editto per cui la birra calda o fredda o bevande in generale dovevano essere serviti in boccali con copertura per ragioni igieniche. Per questo si cominciarono a mettere dei coperchi sopra i boccali, utili poi anche per non far uscire la birra mentre si brinda, si balla o si fa ondeggiare il boccale a tempo di musica.

11. SERVIZIO FUTURISTA
sala 11

Italia
Modernità, 
XX secolo
Giacomo Balla
Produzione Bottega d’Arte Ceramica Gatti, Faenza

Servizio da caffè per 8 in maiolica, composto da 20 pezzi. Nel 1928 nasce a Faenza la ceramica futurista, grazie all’interessamento di Filippo Tommaso Marinetti e di Giacomo Balla. A lui si deve la progettazione di questo servizio da caffè realizzato presso la Bottega Gatti.
Le tazzine e i piattini hanno decorazioni differenti e presentano la classica forma a bullone meccanico, inno alla modernità tanto declamata dai manifesti futuristi.  Modernità che toccò anche la cucina, con il lancio del Manifesto della Cucina Futurista per l’affermazione di una tavola avanguardista, redatto da Marinetti nel 1930 e rilanciato nel gennaio successivo dalla Cucina Italiana.  In occasione dell’apertura della Taverna del Santopalato a Torino nel 1931, si consumò la prima cena futurista della storia.

12. CUCCAGNA ITTICA
rampa tra sala 12 e 13

Italia
Arte contemporanea

XXI secolo 
Giuseppe Ducrot
Produzione Bottega d’Arte Ceramica Gatti, Faenza

Installazione in maiolica illustrata a muro composta da 9 grandi piatti e vassoi con pietanze di pesce, disposti simmetricamente.
In occasione di EXPO Milano 2015 il Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza partecipò ad un progetto nazionale dal titolo “La Cuccagna dell’Arte”, curato da Achille Bonito Oliva, che coinvolse artisti e prestigiose sedi museali italiane. Giuseppe Ducrot presentò la sua “Cuccagna ittica”, una tavola imbandita verticale con pesci, aragoste e spaghetti alle cozze, omaggio alla nostra tradizione culinaria mediterranea.

MIC Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza

Il Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza nasce 110 anni fa e rappresenta oggi un vero e proprio Polo Culturale dedicato alla ceramica declinata in tutti i suoi aspetti: artistico, storico, tecnologico e antropologico.
 

Il Museo possiede oltre 50 mila pezzi, di cui esposti circa 15 mila; ospita una Biblioteca specializzata contenente oltre 70 mila testi sulla ceramica, un Laboratorio di Restauro attivo sia sul fronte del restauro museale che sulla conservazione dei materiali ceramici, un Laboratorio Didattico fondato da Bruno Munari, che accoglie migliaia di studenti, organizza corsi formativi per insegnati e attività per privati. 

Al MIC si incontrano culture ceramiche di ogni tempo e luogo, come testimoniano opere provenienti dall’Estremo Oriente, dalla Siria, dall’Iran, dall’Egitto, dalla Turchia, dal Sud America, opere che raccontano la storia di popoli, la loro creatività, le loro abilità tecniche e artistiche, fino ad arrivare agli incomparabili capolavori italiani del Rinascimento, alle opere di Picasso, Matisse, Chagall, Leger, Burri, Fontana e agli innumerevoli esempi di eccellenza che coinvolgono il visitatore permettendogli di vivere un’esperienza davvero unica. Il MIC è quindi un luogo vitale e dalle molteplici attività che nel 2011 l’UNESCO ha riconosciuto quale “espressione dell’arte ceramica nel mondo”.

Per info: micfaenza.org
Photo Courtesy MIC Faenza