GUBBIO

Siamo in Umbria, a Gubbio, dove si producono manufatti ceramici da sempre.

Gli studi ci confermano infatti attività manifatturiere nel neolitico, nell’età del bronzo, del ferro e in epoca romana. Nel medioevo era diffusa una maiolica arcaica dalle decorazioni geometriche o vegetali in verde e bruno.

Ma é con Giorgio Andreoli, noto come Mastro Giorgio, che la città conquista la sua fama. Arrivato a Gubbio nel 1489 da Intra, porta la sua maestria nell’arte di applicare i lustri. I colori, ottenuti in terza cottura secondo una tecnica araba, erano oro, argento, verde, ma soprattutto un intenso rosso rubino.

Con questo particolare rosso la ceramica eugubina si impone diversificandosi da quella di Deruta, che negli stessi anni accentuò la bicromia blu e oro.
La bottega di Mastro Giorgio sfornava piatti, alberelli, coppe, vasi, e un’alzata su basso piede che divenne oggetto iconico della sua produzione.

Nella seconda metà dell’Ottocento, dopo un lungo periodo di decadenza, la produzione ceramica ha una nuova spinta grazie a un movimento culturale che coinvolse l’intera regione nell’idea di recuperare le tradizioni del Rinascimento.

Dopo il 1850 grazie agli esperimenti di Angelico Fabbri e di Luigi Carocci, si riscoprono i lustri metallici, e il mercato riparte con le fabbriche dirette da Giovanni Spinaci, Antonio Passalboni, Giuseppe Magni.

Nel 1920 circa furono aperte varie manifatture, come la Fabbrica Majoliche Mastro Giorgio di Polidoro Benveduti, e la società Vasellari Eugubini diretta da Ilario Ciaurro, che sperimenta anche la tecnica del bucchero, e si affacciano sul panorama ceramico alcuni importanti artisti come Ajò, Baffoni, Cavicchi, Faravelli, Monarchi, Notari, i fratelli Rossi.

Pur essendo varia e piena di sapori diversi, specialmente di terra, la cucina tipica di Gubbio mette tutti d’accordo su un paio di piatti: uno è la crescia sul panaro, ossia una focaccia salata simile a una piadina spessa che prende il nome dalla lastra su cui veniva cotta anticamente.

La crescia di Gubbio si prepara con acqua, farina, lievito e olio di oliva. L’impasto ottenuto viene adagiato sul “panaro” (una lastra circolare di ferro battuto) e cotto sotto la cenere di un fuoco a legna. Si accompagna con i salumi locali della tradizione norcina o i formaggi.

L’altro piatto tipicamente eugubino è il Friccò, si tratta di uno stufato di carni miste, che nasce nella tradizione contadina, e veniva preparato soprattutto nelle occasioni speciali, come per esempio il pranzo di Natale o di Pasqua. A Gubbio ogni famiglia custodisce la propria ricetta del Friccò e il proprio coccio in ceramica dove prepararlo, entrambi si tramandano di generazione in generazione.

Per la preparazione si utilizzano vari tipi di carne come pollo, manzo, agnello, faraona, coniglio e tacchino, che vanno marinati prima di procedere alla cottura vera e propria. La carne viene poi adagiata in un tegame di coccio, insaporita con vino bianco, spezie ed odori, e fatta cuocere lentamente a fuoco a basso per circa un’ora. A cottura ultimata si gusta ben caldo insieme alla crescia. Le varianti di questo piatto sono moltissime, c’è chi utilizza un solo tipo di carne (spesso si usa il pollo oppuree in alternativa il coniglio) chi invece ne mischia diversi, insomma è un piatto davvero ricco di sapori, storie e di tradizione.

nella foto
Fabbrica Ceramiche “La Mastro Giorgio” di Valentino Biagioli
Piatto fiorato Gubbio patinato
Ø 32cm
ph Gruppo Fotografia Aula 21