ALBISOLA SUPERIORE

Situata nella provincia di Savona, Albisola Superiore, traendoci in inganno con il suo nome, si affaccia sul mare. Oltre che per le case dai colori pastello tipiche liguri e storici edifici, è nota per la sua antica tradizione ceramica.

Si trovano tracce della sua attività artigianale, che continua tuttora, sin dal XV secolo, probabilmente introdotta dai monaci di San Benedetto di Colonega. Sono state ritrovate antiche mappe che ci raccontano le ubicazioni delle fornaci sul territorio fra il 1500 e il 1600, mentre scavi di epoca romana hanno riportato alla luce intonaci dipinti a colori vivaci, maioliche e terracotte nei tipici gialli e marroni.

Dalla spiaggia si estraevano argilla rossa e terra bianca, ottime per confezionare il biscotto. Si producevano soprattutto stoviglie lavorando con l’ingobbio e il grafito.

Nel Cinquecento iniziò la fiorente produzione dei loggioni, tipiche piastrelle da rivestimento per pavimenti e pareti, e di maioliche a berettino, decorate in un azzurro carico, simili agli azulejo, che continuarono ad avere successo fino alla seconda metà del 1700. Si fabbricavano anche oggetti smaltati di bianco e poi decorati con figure stilizzate in blu, oltre che pentole, piatti, vasi per medicinali.

A questo periodo segue una crisi che contrae la produzione. Oltre a semplici oggetti come boccali bianchi o semplicemente decorati, non si fabbrica quasi altro, fino all’introduzione di una vernice piombifera ideale per realizzare stoviglie da fuoco, con cui il mercato ritrova nuova spinta.

Con l’avvento del futurismo e il fermento artistico e culturale degli artisti Manlio Trucco e Ivos Pacetti, Albisola Superiore vede riprendere anche la produzione maiolica, riconoscibile da motivi geometrici e colori squillanti, o dalla terracotta maiolicata con un particolare effetto a buccia di arancia, sempre decorata con geometrie e colori.

Pare che il nome buridda derivi da una parola araba che significa “a pezzetti”, e infatti – in ognuna delle tante varianti in cui si cucina in Liguria – la costante è che il pesce in umido viene tagliato in pezzi.

La buridda è un piatto comune in tutta la costa ligure, ma in special modo ad Albisola ha una tradizione radicata poiché è il piatto che si utilizzava per il giovedì Santo, e più comunemente si mangiava all’osteria ed è ancora oggi una pietanza molto amata da tutti.

La buridda tradizionale era un misto di pesce tagliato a piccoli pezzi (cefalo, grongo, palombo, ecc…), cucinato in umido con olio di oliva, pinoli, funghi, capperi, prezzemolo o altre aromatiche locali. Dopo la scoperta dell’America e l’arrivo di nuovi ingredienti, furono introdotti nella ricetta della buridda anche il pomodoro e le patate. Ricette più recenti propongono anche l’uso di triglie, seppie e moscardini, coda di rospo, oltre all’uso di cipolle, pomodori e vino bianco al posto o in aggiunta agli ingredienti vegetali classici. In realtà questa zuppa nella pratica familiare veniva probabilmente fatta con una o due qualità di pesce soltanto (la buridda di seppie o di stoccafisso), messe in cottura in tempi diversi: ad esempio prima le seppie più dure e dopo gli scorfani più teneri in modo da portare in tavola il pesce cotto, ma ancora intero.

 Sulla ricetta più antica si sono innestate numerose varianti: nel soffritto i pinoli e capperi pestati sono stati sostituiti dai funghi secchi; per aromatizzare si sono utilizzate spezie diverse come cannella, chiodi di garofano e pepe; si è aggiunto il vino bianco e così via. E proprio le varianti con un solo tipo di pesce, in particolare stoccafisso e seppie, sono quelle oggi presenti nelle proposte di molti ristoranti. La buridda di seppie è conosciuta anche con il nome di “Seppie con i piselli” oppure come “Seppie e carciofi”. Ad Albissola ancora si mangia in particolare il giovedì santo, servita sui piatti di ceramica tradizionale locale.

Il tucano
Studio Ernan Design
cm Ø 40

Foto Gruppo Fotografia Aula 21